mercoledì 4 febbraio 2009

Indizi di una vita

C’era una neve sottile e imperterrita, quella mattina. Un vento opaco spazzava la strada che dall’ufficio postale conduceva verso la campagna. Salì il sentiero che portava a casa, accostò il cancello di ferro battuto. Posò il pacco sul tavolo, aprì la credenza per prendere una tazza e mise l’acqua a bollire.
Aveva prolungato l’attesa di aprire l’involucro, per quella sorta di sottile piacere che, un tempo, gli dava la vigilia di ogni suo incontro con Nina. Teneva in bocca quei minuti, quelle ore che preludevano ad ogni loro incontro, come un grumo di miele d’acacia che si scioglie in miriadi di piccoli cristalli pungenti.
Infine lo aprì, quel pacco. Tagliò la corda intorno alla cera lacca, strappò la carta, distese le mani a sgranare sul tavolo tutto il contenuto di quel dono inimmaginato. C'erano foto scattate in anni diversi e un piccolo ritratto di donna, in ametista e ambra. Prese poi fra le mani un quaderno dalla copertina cerata, di colore nero.
Lo aprì. Gli sembrò di vedere delle date, e nomi di città, e molte pagine scritte fittamente, con una calligrafia dolce e affrettata.
Era il diario di una vita intera. Era il diario di Nina.



Tu non sai Nina, non sai le ore all’imbrunire, la malinconia delle sere vuote, le sedie da rimettere a posto in sala, le chiacchiere insensate, i pensieri nel vento. Da quando sei fuggita da questo paese in fiamme.
Tu non sai, Nina, la vita nella tua assenza.
Ora sei qui dopo tutti questi anni, in questo diario, quello che resta per me. Sei qui, come un’antica promessa d’amore, come un volo di gabbiano all’ultimo calar del sole. Sei qui ed io non ho forze per accoglierti come si deve, sfogliare questa risposta ad una vita di attesa, quasi un temporale di fine estate che si porta via gli ultimi fiati di sole dai campi seminati a grano.




Si prese il tempo del lungo inverno.
Non era una vita che potesse leggere nello spazio angusto di un giorno qualsiasi. Aveva bisogno di silenzi puri, e di lunghe ore intatte di pensieri. Si faceva accompagnare dal crepitio del fuoco la sera, mentre fuori era un garbuglio di stelle. Altre volte sceglieva albe terse e bianche, prendeva gli sci e se ne andava per il bosco innevato di fresco. Cercava poi crinali esposti al sole incostante di quell'inverno, per sedersi a leggere quelle pagine traboccanti. Di fronte mute distese di neve, come lenzuoli abbaglianti di candida mussola.
Conobbe con gli occhi di Nina la Parigi degli anni trenta, le gite sulla Senna nelle domeniche d'estate, il mondo russo dell'emigrazione che lentamente si disfaceva in mille piccoli rivoli, l'invasione tedesca, i tempi feroci e affamati della guerra, i nascondigli tremanti, le lunghe notti febbrili, la fuga nella campagna bretone. Condivise con lei le lacrime e i timori, le gioie nascoste e le fughe improvvise, serrò i pugni impotenti, le accarezzò i capelli e la strinse a sè nei suoi pensieri attoniti.
Chiuse infine quel diario che era giunta primavera. Una giornata limpida e pungente, che lo sorprese incastrato in maldestri, confusi battiti del cuore